La forza e la violenza Muraro

 

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La scrittrice brasiliana Clarice Lispector,

che mi fa da guida così come Virgilio a Dante

nell’inferno, alludendo al suo matrimonio, in

una lettera alla sorella fa questa confessione:

“Mi sono dovuta tagliare gli artigli – ho tagliato

in me la forza che avrebbe potuto far male agli

altri e a me stessa. E così ho tagliato anche la

mia forza” (Berna, 6 gennaio 1948).

Quest’immagine e il contesto che l’ha ispi 

rata hanno chiarito il mio punto di vista. Non

parlo prò o contro la violenza in sé. Non par

lo neanche per i perdenti e le vittime del con

fronto basato sui rapporti di forza. Quello che

ho in mente è quella regione dell’essere dove

la forza diventa violenza senza soluzione di

continuità. Non dico che è un bene o un male,

questa regione semplicemente esiste cosi come

esistono le unghie.

I filosofi lamentano che confondiamo tra

loro concetti diversi come potere, dominio,

forza, violenza. D’accordo, troppo spesso si fa

una simile confusione. Ma quando, per tutta

risposta, si mettono a darci le loro accurate de

finizioni, vorrei dirgli: prima di ciò, dovreste

piuttosto indagare dove e perché nasca la con

fusione. E chiedervi se per caso quella che ap

pare una confusione non sia la manifestazione

di qualcosa che fareste bene a guardare più da

vicino. Rileggete quel capolavoro racchiuso in

poche pagine che è L’Iliade poema della forza

di Simone Weil.

 

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